Gli oneri generali di sistema (di seguito OGdS) sono pagati in bolletta da tutti i clienti finali del servizio elettrico. Questa voce di spesa incide per circa il 20%-30% sul prezzo totale dell’energia corrisposto dai clienti in base al tipo di utenza, al livello di tensione e al mercato di riferimento (maggior tutela oppure mercato libero). Gli OGdS sono componenti tariffarie destinate alla copertura di costi sostenuti a fronte di attività di interesse generale per il sistema energetico nazionale. In particolare, gli introiti derivanti dalla fatturazione di tali oneri sono impiegati per finanziare plurime spese di natura diversa: messa in sicurezza del nucleare e misure di compensazione territoriale; incentivi alle fonti rinnovabili e assimilate (componente più consistente fra gli oneri di sistema); agevolazioni tariffarie riconosciute per il settore ferroviario; sostegno alla ricerca di sistema; bonus elettrico per i clienti domestici in stato di disagio fisico o economico; agevolazioni per le imprese manifatturiere a forte consumo di energia; compensazioni per le imprese elettriche minori e promozione dell’efficienza energetica negli usi finali.

La legge individuerebbe il soggetto passivo dell’imposizione di tali oneri nel cliente finale a cui viene erogata l’energia elettrica (ai sensi dell’art. 39, comma 3, D.L. n. 83/2012: “I corrispettivi a copertura degli oneri generali di sistema elettrico ed i criteri di ripartizione dei medesimi oneri a carico dei clienti finali sono rideterminati dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas [diventata, dal 1° gennaio 2018, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente – ARERA]”).

I venditori di energia elettrica (ossia gli utenti del servizio di trasporto e vendita di energia – c.d. traders – che acquistano energia elettrica dai produttori e la vendono ai clienti in regime liberalizzato) fatturano e riscuotono gli oneri nei confronti dei rispettivi clienti finali, provvedendo poi a versarli ai distributori di energia elettrica territorialmente competenti (i quali trasportano l’energia fino al punto di consumo, attraverso le reti locali, in base a concessione). I distributori, a loro volta, fatturano gli oneri nell’ambito del contratto di trasporto intercorrente con i traders. Infine, in base alla natura delle sopra elencate componenti, i distributori versano gli oneri su distinti Conti di gestione istituiti presso la Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali (CSEA) [1], oppure direttamente al Gestore dei Servizi Energetici (GSE)[2].

Le caratteristiche oggettive degli OGdS sono state prese in esame dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, a seguito del rinvio pregiudiziale disposto dalla Sezione Sesta del Consiglio di Stato (cfr. ordinanza n. 1930/2015) sulla compatibilità del sistema nazionale di agevolazioni (a favore delle sole imprese energivore operanti nel settore manifatturiero) con la direttiva 2003/96/CE. I Giudici hanno constatato che «i corrispettivi a copertura degli oneri generali del sistema elettrico costituiscono imposte indirette, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo, 2 della direttiva 2003/96» e devono rispettare «le condizioni fissate dal diritto dell’Unione relativamente ai prodotti, quali l’elettricità, che, come risulta dall’art. 1, paragrafo 1, della direttiva 2008/118, sono soggetti al regime generale delle accise stabilito dalla stessa … l’elettricità può, in conformità all’articolo 1, paragrafo 2, di questa direttiva [2008/118/CE], formare oggetto di un’imposizione indiretta diversa dall’accisa istituita da detta direttiva se, da un lato [prima condizione], tale imposizione persegue una o più finalità specifiche e se, dall’altro [seconda condizione], rispetta le regole d’imposizione applicabili ai fini delle accise o dell’IVA per la determinazione della base imponibile, il calcolo, l’esigibilità e il controllo dell’imposta» (cfr. sentenza 18 gennaio 2017, causa C-189/15, IRCCS – Fondazione Santa Lucia, punti da 40 a 42; nonché punti 32, 33, 35, 36, 37 e 38). In altri termini l’Italia può introdurre o mantenere delle imposte indirette gravanti sull’energia elettrica, già colpita da accisa, purché siano rispettate le succitate due imprescindibili condizioni.

La Corte di Giustizia aveva altresì demandato al giudice del rinvio il compito di verificare, se gli OGdS soddisfacevano congiuntamente le succitate due condizioni (ossia, la loro finalità specifica ed il rispetto delle norme fondamentali dell’Unione applicabili alle accise o all’IVA). Tuttavia la Sezione Sesta del Consiglio di Stato (cfr. sentenza n. 346/2018) concluse – in modo alquanto sbrigativo – che i predetti oneri non sono qualificabili come imposte indirette. Tant’è vero che le successive pronunce dei medesimi Giudici amministrativi – richiamando espressamente la sentenza 18 gennaio 2017 (nella causa C-189/15) – hanno qualificato gli OGdS alla stregua di imposte indirette ai sensi dell’art. 4, paragrafo 2, della direttiva 2003/96/CE e dell’art. 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118/CE (cfr. Consiglio di Stato, Sezione Sesta, sentenze n. 3299/2020, n. 2437/2020, n. 3349/2019 e n. 3348/2019). Anche la Commissione europea ha affermato, “sulla base di una recente sentenza della Corte (causa C-189/15), che la componente A3 [a copertura dei costi per l’incentivazione delle fonti rinnovabili e assimilate] costituisce un’imposta indiretta sull’energia elettrica” (cfr. decisione del 23 maggio 2017, punto 100).

Assunta dunque la loro natura giuridica di imposte indirette, gli OGdS potrebbero non essere del tutto compatibili con il diritto dell’Unione europea e, segnatamente, con la direttiva che stabilisce il regime generale delle accise gravanti, direttamente o indirettamente, sul consumo di prodotti sottoposti ad accisa, come l’elettricità[3].

Preliminarmente vale ricordare che – con riguardo alla prima condizione imposta dall’art. 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118/CE – la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha sancito il principio secondo cui una finalità specifica deve sempre consistere in uno scopo che non sia puramente di bilancio. Nel caso degli OGdS, invece, il gettito alimentato da alcuni componenti non viene impiegato per specifiche finalità diverse da quella di bilancio. Ci si riferisce, in particolare, alla componente il cui gettito è destinato alla SO.GI.N. (società Gestione Impianti Nucleari S.p.A.) per coprire i costi relativi allo smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse, alla chiusura del ciclo combustibile nucleare e alle attività connesse e conseguenti, di cui all’art. 2, comma 1, lettera c), del D.M. 26 gennaio 2000, n. 144500. In base all’art. 1, comma 298, della Legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), e all’art. 1, comma 493, della Legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), una quota pari al 70% degli introiti derivanti da tale componente deve essere versata all’entrata del bilancio dello Stato. Lo stesso vale anche per la componente a copertura delle compensazioni territoriali agli enti locali che ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare (le misure di compensazione territoriale sono state istituite dall’art. 4 della Legge 24 dicembre 2003, n. 368). Anche questa componente non soddisfa una finalità specifica che non sia quella di bilancio, giacché le citate leggi finanziarie stabiliscono che il 70% dei relativi introiti deve essere versata all’entrata del bilancio statale.

Vi è poi un ulteriore aspetto da considerare. La Corte di Giustizia ha rilevato che «la circostanza che i corrispettivi a copertura degli oneri generali del sistema elettrico non siano versati al bilancio generale nazionale bensì, come fatto presente dal governo italiano, siano trasferiti sui conti di gestione istituiti dalla Cassa conguaglio per il settore elettrico, al fine di essere destinati a determinate categorie di operatori per utilizzi specifici, non può, di per sé, escludere che gli stessi rientrino nell’ambito del settore della fiscalità (v., per analogia, sentenza del 15 aprile 2010, CIBA, C96/08, EU:C:2010:185, punto 23)» (cfr. sentenza 18 gennaio 2017, causa C-189/15, IRCCS – Fondazione Santa Lucia, punto 35). Inoltre, la Commissione europea ha affermato che “le componenti A [degli OGdS] sono state imposte per legge ai consumatori finali (cfr. art. 3, comma 11, Legge n. 79/1999) e sono trasferite su conti gestiti, da un lato, dalla CSEA, ente pubblico, e, dall’altro, dal GSE, impresa interamente partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, di cui segue invece gli indirizzi strategici e gestionali (cfr. considerando (9), comprese le note 7 e 8). Le risorse sono quindi sotto il controllo dello Stato e si qualificano come risorse statali” (cfr. punto 91, decisione del 23 maggio 2017). I corrispettivi a copertura degli OGdS possono legittimamente individuarsi quali finanziamenti pubblici in quanto le somme introitate sono gestite da soggetti (CSEA e GSE) controllati dallo Stato stesso e, quindi, soggette al controllo indiretto di quest’ultimo. Anche sotto questo ulteriore profilo, non pare essere rispettata la prima condizione imposta dalla direttiva relativa al regime generale delle accise.

Ma nemmeno la seconda condizione appare soddisfatta. Secondo la costante giurisprudenza unionale, non viene richiesto che gli Stati membri rispettino tutte le regole relative alle accise o all’IVA in materia di determinazione della base imponibile, di calcolo, di esigibilità e di controllo dell’imposta. È infatti sufficiente che le imposizioni indirette che perseguono finalità specifiche siano conformi, su tali punti, alla struttura generale dell’una o dell’altra di queste tecniche d’imposizione così come sono organizzate dalla normativa comunitaria.

Gli OGdS sono imposte indirette che non hanno una struttura simile a quella dell’IVA, in quanto il loro importo non è proporzionale al prezzo del bene su cui gravano, ma è calcolato in base ad una struttura trinomia: una quota fissa (espressa in centesimi di euro per punto di prelievo), una quota proporzionale alla potenza (espressa in centesimi di euro per kW di potenza contrattualmente impiegata) e una quota proporzionale ai consumi di energia elettrica (espressa in centesimi di euro per kWh). Ed ancora, gli OGdS gravano su un determinato bene (l’energia elettrica) e non si applicano in via generale. Non resta quindi che verificare se esistono delle somiglianze con le accise.

Per quanto riguarda la determinazione della base imponibile ed il calcolo dell’imposta, gli OGdS si differenziano in quanto – pur presentando una quota, come per l’accisa, attinente alla quantità di energia elettrica consumata – presentano due componenti (quota fissa e quota potenza) che prescindono dai consumi effettivi di energia. Per quanto concerne l’esigibilità, le accise sono esigibili al momento in cui l’energia elettrica viene fornita: ai sensi dell’art. 6, paragrafo 1, della direttiva 92/12/CEE, l’accisa “diviene esigibile all’atto dell’immissione in consumo”; ai sensi dell’art. 21, paragrafo 2, della direttiva 2003/96/CE, ai “fini dell’applicazione degli articoli 5 e 6 della direttiva 92/12/CEE, l’elettricità e il gas sono soggetti ad imposizione e diventano imponibili al momento della fornitura del distributore o del redistributore”. La riscossione degli OGdS avviene nell’ambito della filiera elettrica: i venditori fatturano e riscuotono dai propri clienti gli oneri generali con le altre voci che compongono la bolletta. Pertanto, l’elemento temporale della loro esigibilità parrebbe coincidere con il pagamento della bolletta da parte del cliente finale, come previsto dalle direttive 92/12/CEE e 2003/96/CE. In ordine poi al controllo dell’imposta, il meccanismo degli OGdS non pare avere un sistema di controllo equiparabile a quello per le accise armonizzate. Basti osservare che l’ARERA non ha poteri di agire direttamente nei confronti dei clienti finali che non versano gli OGdS, né vi sono, attualmente, altri soggetti pubblici competenti a farlo. Nel loro complesso gli OGdS non sembrano dunque essere conformi neanche alle regole applicabili alle accise.

In definitiva, se qualificati come imposte indirette gravanti sull’energia elettrica sottoposta ad accisa, gli OGdS non apparirebbero del tutto compatibili con i principi di diritto unionale. Tale conclusione potrebbe aprire la strada alle azioni dei clienti finali per ottenere la restituzione/rimborso degli importi pagati in bolletta a titolo di spese per oneri di sistema.

Rimaniamo a disposizione per ogni chiarimento. 

W&C – Consulenza d’Impresa (info@consulenzadimpresa.net)

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