L’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015 (c.d. «Decreto Internazionalizzazione»), così come modificato dall’art. 5 del D.L. n. 34/2019 (c.d. «Decreto Crescita»), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 58/2019, prevede un regime fiscale di favore per le persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia a decorrere dal 30 aprile 2019 (c.d. «impatriati»).
Più nello specifico, la nuova formulazione introduce una detassazione del 70% (con conseguente imposizione, ai fini IRPEF, del solo 30%) del reddito prodotto in Italia per tutti quei soggetti che:
- percepiscono redditi di lavoro dipendente, anche assimilati, redditi di lavoro autonomo o di impresa se di nuova costituzione;
- sono stati residenti all’estero nei due periodi d’imposta precedenti al trasferimento in Italia;
- si impegnano a mantenere la residenza fiscale in Italia per almeno due anni;
- svolgono l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio dello Stato italiano.
La nuova formulazione ha inoltre esteso l’applicabilità del regime de quo – seppur con alcune eccezioni – agli sportivi professionisti di cui alla L. n. 91/1981, ossia «gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici, che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle Federazioni Sportive nazionali» (art. 2 della L. n. 91/1981).
In particolare, ai sensi del nuovo comma 5-quater, ferme restando le condizioni di accesso sopra elencate, i redditi da lavoro dipendente e assimilati percepiti dagli sportivi professionisti «impatriati» concorrono alla formazione del reddito complessivo nella misura del 50%. Viene pertanto individuata una percentuale di detassazione inferiore rispetto a quella di cui possono beneficiare gli altri contribuenti «impatriati».
Inoltre, il successivo comma 5-quinquies specifica che l’esercizio dell’opzione da parte degli sportivi professionisti per accedere al regime agevolato de quo «comporta il versamento di un contributo pari allo 0,5% della base imponibile» da destinarsi ad un fondo gestito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per potenziare i settori sportivi giovanili. La norma richiede l’emanazione di un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dell’autorità di Governo delegata per lo sport e di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, con il quale devono essere «definiti i criteri e le modalità di attuazione del presente comma».
Sul punto è intervenuta l’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020, la quale, su parere conforme del Ministero dell’Economia e delle finanze – Dipartimento delle Finanze (Registro Ufficiale prot. 324497 del 9 ottobre 2020), subordina l’applicabilità agli sportivi professionisti del regime agevolato alla preventiva adozione del Dpcm richiesto dal comma 5-quinquies. In altre parole, l’Agenzia delle Entrate negherebbe l’applicabilità del regime speciale agli sportivi professionisti «impatriati» sino all’emanazione del menzionato decreto.
Tale interpretazione desta, tuttavia, non poche perplessità.
Anzitutto, dall’analisi letterale della norma, si evince chiaramente che il versamento del contributo pari allo 0,5% non costituisce la condizione per l’accesso al regime di favore, quanto, piuttosto, la conseguenza dell’opzione agevolativa, dovendosi considerare quali presupposti di accesso solo quelli previsti dal comma 1 dell’art. 16 (così come sopra elencati). In altre parole, l’emanazione del Dpcm sarebbe necessaria a definire i risvolti operativi riguardanti il menzionato contributo e non, invece, a rendere efficace la disciplina dettata per gli sportivi professionisti «impatriati».
A ciò si aggiunga che i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate risultano in contraddizione non solo con il tenore letterale della norma, ma anche con le istruzioni per la compilazione del Modello Redditi Persone Fisiche 2020 (periodo d’imposta 2019) approvate dalla stessa Agenzia delle Entrate, nelle quali è esplicitamente prevista la possibilità per gli sportivi professionisti di optare per l’agevolazione, pur in mancanza del menzionato Dpcm. Difatti, le istruzioni richiedono di indicare il cod. 9 nei casi in cui «si è trasferita la residenza in Italia a decorrere dal 30 aprile 2019 e si fruisce in dichiarazione dell’agevolazione prevista per i lavoratori impatriati che rientrano in Italia dall’estero di cui al comma 5-quater dell’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015, poiché si possiede la qualifica di sportivo professionista. In tal caso il reddito da lavoro dipendente e i redditi assimilati concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50% del loro ammontare». A seguire le istruzioni precisano che «l’opzione per questo regime agevolato comporta il versamento di un contributo pari allo 0,5% della base imponibile. Le modalità per l’effettuazione di tale versamento sono stabilite con apposito decreto».
I profili di criticità descritti sono particolarmente rilevanti se si considerano, da un lato, l’elevato numero di sportivi professionisti che hanno beneficiato dell’agevolazione in argomento e, dall’altro, i relativi risvolti sulle società sportive, le quali hanno già effettuato, versato e dichiarato le ritenute a titolo d’acconto in misura ridotta.
In tali situazioni, l’Agenzia delle Entrate, in base a quanto sostenuto nella citata Circolare, potrebbe richiede agli sportivi professionisti il versamento della maggiore imposta sul reddito prodotto in Italia, oltre ad interessi e sanzioni, nonché sanzionare la società sportiva, in qualità di sostituto d’imposta, per il mancato versamento delle ritenute su una parte dei compensi corrisposti agli sportivi professionisti stessi.
Alla luce delle considerazioni svolte, non parrebbe ragionevole ritenere che dai comportamenti pregressi possano scaturire effetti sanzionatori in capo né allo sportivo professionista, né alla società sportiva. In ogni caso, al fine di evitare ingenti contenziosi con l’Amministrazione Finanziaria, si auspica quanto prima l’emanazione del Dpcm che chiarisca la sua valenza «retroattiva».
Rimaniamo a disposizione per ogni chiarimento.
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